• on Ottobre 28, 2018

PER UNA PASTORALE DI COMUNIONE – RAPPORTI TRA IL PARROCO E LA CURIA DIOCESANA 26/09/18

Intervento del 26/9/2014 al Corso di formazione dei nuovi parroci al Seminario Maggiore di Napoli

Il tema del mio intervento mi è particolarmente gradito poiché contiene le parole più importanti del percorso di formazione che stiamo facendo (anche io sono in cammino…!) e soprattutto perché sono stato chiamato a parlare di comunione, dato anche il mio ruolo nella Curia di Napoli, ruolo, che, presenta molti risvolti tecnici e amministrativi,e che, ad uno sguardo distratto, potrebbe sembrare lontano dal quotidiano pastorale.
Per tale motivo, vorrei partire proprio dallo Statuto della Curia di Napoli, approvato e promulgato il 14 settembre 2012, e che regolamenta il mio servizio.
La lettura attenta di tale Statuto offre una visione generale alquanto organica del funzionamento dei soggetti che operano nella Curia di Napoli e, per quanto ad experimentum, esso ha caratteristiche simili ad altri Statuti diocesani, da tempo attivi e sperimentati con buoni risultati.
Per quanto riguarda la figura del Moderatore, riassumo in poche parole le responsabilità che questa figura raccoglie in sè e che vanno inserite nell’ambito di quello che viene definito “Settore Affari generali”, del quale è coordinatore e nel quale assume anche l’ufficio di Vicario episcopale del Settore, (articoli 37- 47).
A mo’ di esempio, cito solo alcuni dei compiti affidati al Moderatore, lasciando la lettura che riguarda l’intero profilo a chi volesse saperne di più e meglio.
Il Moderatore, d’intesa con i Vicari Generali e con L’Economo, a seconda degli ambiti, è responsabile diretto della gestione amministrativa del personale della Curia, stabilisce la dislocazione e l’organico dei vari Uffici; cura che le persone che vi lavorano svolgano con fedeltà e diligenza l’ufficio loro affidato; cura i rapporti interni tra Uffici e Settori, e le comunicazioni
esterne in ordine ai fini generali della Curia; gestisce il protocollo unico informatico, cura l’unificazione delle procedure amministrative e informatiche dei modelli e della modulistica dei vari uffici; compila ogni anno il calendario delle attività programmate dai vari uffici; provvede alla manutenzione ordinaria e straordinaria della Curia; comunica all’Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero e ai diretti interessati la situazione rimunerativa dei sacerdoti inseriti nelsistema di sostentamento del clero; ha la responsabilità degli uffici che prestano consulenza e servizi di carattere legale, tecnico-amministrativo e di comunicazione; dell’Ufficio per le Comunicazioni Sociali, del Servizio Centro Editoriale Diocesano, del Servizio Informatico,
dell’Ufficio delle Comunicazioni sociali, del Servizio per la Promozione del Sostegno Economico alla Chiesa.
A questo si aggiunge, nel caso specifico, che il Cardinale Arcivescovo ha voluto che tutto questo si coniugasse con l’esperienza pastorale, da me fatta, nella parrocchia di Cappella Cangiani, esperienza, che rende il servizio nella Curia come il prolungamento dell’attività pastorale, con lo stile dell’accoglienza, della missionarietà e della gratuità, requisiti che devono accompagnare sempre chi risponde alla chiamata del Vescovo ad essere Parroco nella nostra Diocesi.
Nell’ovvia condivisione con i Vicari Generali, è importante leggere una speciale tensione alla comunicazione e alla comunione negli obiettivi, che di fatto hanno una cifra soprattutto di ordine pastorale piuttosto che tecnica. Per tale motivo quanto dall’art. 37 all’art. 47 viene definito come ruolo del Moderatore, deve essere letto nell’ottica più generosamente e squisitamente pastorale
che assume lo Statuto della Curia e che ben viene descritto come segue negli articoli 3.4, e 5:
Art. 3 Ogni attività svolta dalla Curia è di sua natura pastorale; a questa, pertanto, sono ordinate le attività di ordine giuridico e amministrativo.
Art. 4 Il fine di ogni attività svolta dalla Curia è quello di promuovere l’annuncio del Vangelo, la vita di fede, di speranza e di carità della Comunità ecclesiale, secondo gli orientamenti del Piano pastorale diocesano, ponendosi al servizio di tutte le realtà ecclesiali della Chiesa di Napoli, in modo particolare delle Parrocchie e dei Decanati.
Art. 5 Nello svolgimento di ogni sua funzione e attività, la Curia dovrà sempre agire secondo uno stile collegiale e operare in modo da favorire e consolidare la comunione e l’unità pastorale della Comunità diocesana, come pure la sua apertura missionaria al mondo.
Il forte richiamo che i questi articoli fanno riecheggia come monito a chi, come noi pastori è esposto alla tentazione quotidiana dell’abbandono, della distrazione dal vero e reale senso del nostro si, della vocazione che ci ha fatto scegliere di essere sacerdoti, generoso dono per il popolo che Dio ci ha affidato e per cui abbiamo scelto deliberatamente di spendere ogni istante della
nostra vita al servizio del Vangelo.
In quest’ottica cerco di rendere il mio servizio e nella stessa ottica vedo la vita, l’esistenza, il quotidiano degli Uffici di Curia che devono essere al servizio di chi chiede di noi, di chi è in difficoltà, di che ha bisogno di essere accompagnato, laico o presbitero, cristiano o non cristiano.
La buona vita del Vangelo, diventa così atteggiamento, realtà verificabile in chi incontriamo e che abbiamo il dovere di accogliere.
E’ evidente che la diocesi è una chiesa attorno al Vescovo, in un preciso luogo, poiché non è il territorio che fa la diocesi bensì le persone. Se parlo di diocesi, é evidente che per prima cosa identifico il popolo di Dio che vive nel territorio e il Pastore con il popolo che gli è affidato e che egli guida in comunione con i sacerdoti, i parroci della cui salvezza egli è corresponsabile.
La curia diocesana, pertanto diviene luogo speculare, paradigma di stile di comunione poiché in essa si svolgono i necessari servizi che devono rendere agevole le strategie di comunicazione e quanto è necessario per raggiungere gli obiettivi pastorali dettati del Vescovo del luogo.
La comunione richiede una stretta corrente di comunicazione che talvolta si può interrompere e che danneggia la qualità del servizio sin dal momento dell’accoglienza. Pertanto, non vi sono regole che lo Statuto della curia descrive , ma lo stile evangelico diventa segno del quotidiano e laddove esso è mancante, diventa segno e cifra della scarsa testimonianza che noi sacerdoti, talvolta sottovalutiamo e che rende cattivo servizio alla Parola di Dio e ai valori che professiamo.
“Conoscersi genera comunione e sinergie” ed è quanto indicato dall’Arcivescovo nel Piano pastorale: “la comunione si testimonia nei fatti; pertanto è necessario che si sviluppi sempre più una pastorale capace di realizzare sinergie, superando anche difficoltà e resistenze.
La comunione deve farsi visibile anche in una pastorale comune. Convinti che sia finito il tempo della parrocchia autosufficiente, dobbiamo cercare di mettere le parrocchie “in rete” in uno slancio capace di realizzare una pastorale d’insieme… Pertanto tra decanato e decanato, tra parrocchie e decanato,
tra parrocchie limitrofe,tra parrocchie e Uffici di Curia, bisogna promuovere una collaborazione efficace e progettuale, uno scambio di mezzi, risorse e persone per condividere alcune attività.
Se nello spirito evangelico, l’abbondanza di alcuni saprà sopperire l’indigenza degli altri, avremo davvero l’espressione più autentica della comunione, presupposto della testimonianza e della trasmissione di fede. ”
Per questo motivo, mi sembra necessario che ogni presbitero, ogni parroco alla stregua di ogni laico che bussa alla porta dei nostri Uffici, in Curia, debba essere in primis ascoltato, invitato a semplificare le sue richieste e considerazioni e, con sollecitudine o con un giusto lasso di tempo, aiutato a trovare le risposte o le soluzioni alle sue richieste, indirizzato ad esperti che, con lo stesso stile, devono essere testimoni per “favorire e consolidare la comunione e l’unità pastorale della Comunità diocesana, come pure la sua apertura missionaria al mondo” (art. 5).
Quanto detto, evidenzia non solo il ruolo del Moderatore, ma porta a considerazioni che devono fare spazio ad orizzonti liberi da vincoli riguardanti le cose che passano, che pur facendo parte del nostro quotidiano non hanno priorità nelle nostre scelte e soprattutto nelle nostre programmazioni pastorali.
Non siano queste proposizioni viste come espressioni di circostanza! Credo fermamente che la Curia di Napoli, non solo con il nuovo Statuto ma anche per le tante persone che la compongono, pur con i suoi immancabili limiti e difetti, possa essere di riferimento, di esempio, ai Decanati e alla Parrocchie, dettando anche stili di vita che possono essere improntati all’accoglienza cordiale.
Nessuno ignora, infatti, come più volte il Cardinale Arcivescovo ha ricordato nei suoi vari incontri con i collaboratori della Curia, che essa è un biglietto di visita autorevole della Chiesa di Napoli.
Nei nostri luoghi arriva un’umanità alla ricerca di risposte di ogni genere: dalla richiesta di informazioni e chiarimenti su indirizzi pastorali e, a volte, sempre più spesso negli ultimi tempi, richieste di aiuto concreto per indigenza, situazioni familiari complesse. Quando l’utente diventa fratello in situazione di bisogno, l’ascolto paziente si coniugherà con la solidarietà e la ricerca di soluzioni. Scrive il Cardinale Arcivescovo: “Bisogna uscire da noi stessi…per condividere le gioie, le speranze, le tristezze e le angosce, di tanti nostri fratelli e sorelle, soprattutto dei poveri e di quanti soffrono nel corpo e nello spirito” (Piano Pastorale Diocesano, p.10).
Abbiamo un compito non marginale ed ordinario, non sottovalutabile. La nostra trasparenza, l’onestà reale ed intellettuale, la limpidezza delle nostre scelte e la coerenza siano di esempio a quanti guardano la Chiesa di Napoli e, nei nostri volti, ne riconoscono la bellezza.
Lo scandalo dell’appropriazione indebita, del protagonismo a tutti i costi, del servizio reso per apparire ed ottenere privilegi, il lavoro vissuto solo nell’ottica esclusiva del guadagno, siano lontani dal nostro agire e, laddove abbiamo sbagliato, recuperiamo il fine reale della nostra esistenza in questo mondo e della vocazione a cui abbiamo risposto dando la nostra disponibilità a
tessere il disegno del Padre attraverso di noi.
Solo se recupereremo quest’ottica, Uffici, norme, strutture potranno divenire uno strumento, cercando di ottimizzare le energie e dando un significato trascendente alle regole e alle strutture, in vista di una comunione non solo redatta, ma sentita perché diritto di ogni credente in Cristo.
Ora, come vedete, ci sono i Responsabili di alcuni Uffici, che illustreranno il lavoro da essi svolto e provocheranno il dibattito che ne seguirà.
Prenderanno la parola il direttore della Caritas, la responsabile dell’Ufficio delle Aggregazioni laicali, il Responsabile dell’Ufficio legale, quello dell’ufficio Tecnico, il diacono Responsabile del servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa.
Grazie don Raffaele Ponte